L’amore secondo Federico Moccia. Sigillare le unioni in un lucchetto è diventata prassi comune per molti adolescenti. I discepoli "mocciosi" crescono e si diffondono a tutte le latitudini. Basta fare una ricerca su Internet per scoprire quante città ospitano luoghi dedicati ad un amore ricostruito in perfetta armonia con le regole dettate da "Tre metri sopra il cielo" e "Ho voglia di te", film cult per un’intera generazione di giovani coppie.Lucchettomania nazionale. Non solo Roma e il Ponte Milvio, dunque. I lucchetti dell’amore hanno trovato ospitalità un po' ovunque oltre che sulla rete dove esistono appositi siti Internet in cui è possibile, a colpi di clik, inviare un messaggio e vederlo trasformare, come per magia, in un lucchetto che si chiude.
La fantasia degli innamorati non conosce limiti. Mille e seicento tesserati di un centro anziani della Capitale hanno messo a disposizione un albero di pino del loro giardino per ospitare i lucchetti. Le chiavi vengono raccolte e poi gettate tutte insieme nel Tevere "così da fare un solo viaggio per tutti", hanno poi commentato.Fra gli adolescenti si discute del dilagante fenomeno, divenuto di pubblico dominio. C’è chi non esita a definirlo come "una manifestazione d’amore ridicola". I lucchetti "mocciosi" vengono visti come simbolo deleterio della fedeltà incatenata, incoerente con il concetto di libertà, implicito nel sentimento stesso dell’amore. I cultori del cinema di Truffaut e le generazioni di chi è cresciuto leggendo Charlotte Bronte o Jane Austen contestano una così spavalda celebrazione di una storia che ha costruito, in tutta Italia, banali officine dell’amore.
Ognuno di noi è libero di esternare e manifestare i propri sentimenti come vuole, ma perché cadere sempre nell’omologazione e in modelli artefatti? E’ quello che si domandano in molti, ma intanto il tormentone è servito. Consoliamoci: è una moda. E tutte le mode hanno vita breve.
Buon S.Valentino a tutti.
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