Sono appena rientrato da un congresso scientifico internazionale, uno di quelli cui partecipo con una certa regolarita’ per il mio lavoro di ricerca. Come sempre, considero vagamente umiliante leggere sul mio cartellino di delegato le lettere “U.S.A.” sotto il mio nome. Io sono a tutti gli effetti un cittadino Italiano, nato, cresciuto ed educato per la maggiorparte della mia vita accademica in Italia. Ovviamente devo moltissimo all’apertura mentale della comunita’ scientifica americana che ha di fatto reso possibile la mia ricerca, ma sarei piu’ soddisfatto se sul quel cartellino ci fosse la parola “Italia”.
Parli con i tuoi colleghi, siano essi Americani, Inglesi, Tedeschi, Spagnoli o altro e prima o poi ti accorgi dell’incongruenza. Dopo anni di esperienza all’estero, la maggiorparte dei ricercatori che incontro tornano a lavorare nel proprio Paese. C’e’ chi si lamenta piu’ di altri delle condizioni, chi e’ piu’ fortunato e chi meno, ma bene o male per loro l’idea di riportare la propria esperienza nel proprio Paese e’ tanto naturale quanto possibile. Per gli Italiani no.
Questo e’ un danno incommensurabile che l’Italia reca a se' stessa. Ci si lamenta spesso dello stereotipo che il mondo ha del nostro Paese. Molti di voi (e talvolta anche io) e’ pronto senza esitazione ad accusare Berlusconi di danneggiare l’immagine dell’Italia all’estero. Eppure io vi dico che il fatto che da noi sia cosi’ difficile fare ricerca ad alto livello, che i nostri ricercatori di valore siano quotidianamente ostacolati se non addirittura allontanati (o tenuti lontano), tutto questo e’ un danno ancora peggiore.
Di Berlusconi chi vuole puo’ ridacchiare e sospirando concludere che passera’. Dell’assenza di un sistema competitivo per fare ricerca in Italia si puo’ solo rimanere angosciati. Perche’ siamo a zero. A meno di zero. Chi non vive questa situazione in prima persona non se ne rende nemmeno conto. Altro che le veline a palazzo Grazioli. Il mondo ci prende per analfabeti. Quale nazione vuole rinunciare ad una fetta di avvenire? Quale societa’ che aspira ad essere moderna decide di non partecipare alla creazione di nuove idee?
Non e’ una questione di soldi, e per larghissima parte nemmeno di infrastrutture. E’ una questione di mentalita’. Il merito deve prevalere sull’anzianita’ e sui rapporti clientelari. Puo’ sembrare troppo semplice, ma invece e’ cosi’.
Parlavo con un Italiano che voleva spiegarmi i contorti meccanismi delle leggi sui cosidetti “rientri dei cervelli”. Si e’ subito tradito, o meglio ha subito tradito la mentalita’ perdente italiana. Mi spiegava come borse di questo tipo dovessero in principio aiutare il ricercatore a rientrare per qualche anno nel sistema italiano, per dargli o darle cosi’ il tempo di “conoscere e farsi consocere”. Capite? Non di lavorare bene e pubblicare risultati importanti su riviste internazionali. Ma che significa “conoscere e farsi conoscere”? Non e’ mica un cocktail party!
Un altro giorno chiaccheravo con un giovane e brillante ricercatore americano che e’ stato appena chiamato dal governo Austriaco a dirigire un centro di ricerca (con soldi pubblici) a Vienna. Mi diceva quale pensava sarebbero state le sue prime mosse, ed immediatamente disse quanto importante sarebbe stato rivedere il pacchetto-offerta per nuovi ricercatori, per renderlo competitivo con altri istituti nel mondo. Se vuoi fare buona ricerca, hai bisogno dei migliori, e questi vanno dove le condizioni sono le migliori. Sorridendomi diceva “se vuoi attirare i migliori ricercatori Italiani, devi avere sul tavolo una buona offerta”. Ovviamente nemmeno per un istante pensava di dovere competere con l’Italia stessa, ma semmai con la Svizzera o gli Stati Uniti.
Che tristezza, mentre gli altri Paesi si sforzano per rendere competitivo il proprio sforzo scientifico, l’Italia fa gli scioperi contro il taglio del doposcuola. Merito e competizione, queste dovrebbero essere gli unici parametri per ricreare una comunita’ scientifica in Italia. Tanto per cominciare, merito significherebbe rivedere completamente i criteri di assunzione dei ricercatori, mentre la competizione potrebbe cominciare con l’eliminazione del valore legale di laurea e dottorato (cosi’ che conterebbe in quale istituto questo e’ stato conseguito).
La ricerca scientifica e’ la valvola di sfogo della creativita’ di una Nazione. E’ la sorgente di idee che hanno il potere di rivoluzionare la nostra vita. Rinunciare a questo significa rinunciare al palcoscenico delle Nazioni che contano, che contribuiscono alla cultura e al progresso dell’umanita’. L’Italia ha una storia ed una tradizione scientifica di altissimo livello, vogliamo ridurci ad un Paese senza voce in capitolo per il futuro?
Ditemi voi
DV
da :Orizzonti Liberali.
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