Ricevo spesso commenti a post e corrispondenza da visitatori anonimi che per per ragioni diverse preferisco non pubblicare. Il fatto apre la questione sull'anonimato e sul diritto della privacy.Il punto non è proteggere o eliminare l'anonimato ma, piuttosto, interrogarsi circa la stessa configurabilità e sussistenza di un diritti all'anonimato.
La mia opinione è che il diritto all'anonimato non sia neppure configurabile e che ogni sforzo in senso contrario si scontri contro dati normativi difficilmente superabili.
Non c'è libertà senza responsabilità e non c'è responsabilità senza imputabilità della condotta e, dunque, identità del suo autore.
Basti pensare all'art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, che prevede che "ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo a rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.
La responsabilità nelle ipotesi di abuso è, dunque, il contraltare della libertà.
La censura è un’arma che mette il redattore in una posizione asimmetrica e di superiorità rispetto ai lettori, perlomeno se usata indiscriminatamente: nel mio caso, posso garantire che vi farò ricorso solo nel caso in cui i commenti anonimi inviati dai lettori fossero contrari al reciproco rispetto, che costituisce il fondamento principale su cui ho basato l’idea del blog.Chi si sente libero di mettere in chiaro la proria identità è giusto abbia il privilegio di richiamare altrettanti commenti e scritti "in chiaro" per considerazioni politiche, opinioni varie, ecc.Al contraio, ,sul mio blog, questi commenti non saranno mai dati in pasto ai visitatotori "anonimi" che, non dovranno mai scadere nell’utilizzo scorretto di un simile vantaggio.
Vocidipiazza
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