8/08/2009

Sturzo: la laicità dei liberi e forti.

Il giorno otto agosto ricorre il cinquantesimo anno dalla morte dei don Luigi Sturzo (8 Agosto1959), fondatore del Partito Popolare prima, e della Democrazia Cristiana in seguito.
«Ora io stimo che sia giunto il momento che i cattolici si mettano al paro degli altri nella vita nazionale, non come unici depositari della religione o come armata permanente delle autorità religiose che scendono in guerra guerreggiata, ma come rappresentanti di una tendenza popolare e nazionale nello sviluppo del vivere civile…».

Sturzo e' considerato uno dei padri del meridionalismo moderno, testimone riconosciuto delle autonomie locali e del federalismo nel nostro Paese, e la sua lezione influenzera' tutta l'azione di governo nel secondo dopoguerra e l'esperienza dei cattolici democratici in Italia.
Di seguito qualche citazione Sturziana degli anni cinquanta che definisce la sua illuminata visione dello stato:

“La mia difesa della libera iniziativa è basata sulla convinzione scientifica che l’economia di Stato non è solo anti-economica, ma comprime la libertà e per giunta riesce meno utile, o più dannosa secondo i casi, al benessere sociale”.


“Non sono un binomio statalismo e libertà, sono una antitesi: dove arriva lo statalismo cessa la libertà, dove arriva la libertà cade lo statalismo”.

“Tutti sono preoccupati di ottenere dallo Stato un posto, una pensione, una riversibilità, un vantaggio, una partecipazione, un riconoscimento: lo Stato è il Dio del momento, Dio pretenzioso e crudele, e allo stesso tempo elargitore di favori che si trasformano in ingiustizie”.

“I progressi dello statalismo sono come quelli del gambero, non c’è da averne meraviglia, ma i progressi dei carichi tributari per il cittadino italiano, che sta per essere statizzato anche lui, non hanno limiti di fronte a tutti gli IRI, gli ENI e simili piovre”.

“Lo statalismo è largamente promosso e favorito dai partiti, perché essendo questi associazioni di fatto senza responsabilità legale collettiva, più facilmente operano attraverso la conquista di posti quanto più numerosi (gli enti si moltiplicano a centinaia e si contano a migliaia)”.

“Mi si domanda perché continuo a perseguire idee e ricordi di un liberismo seppellito. Rispondo: il segreto della mia campagna non è strettamente economico. Io non ho nulla, non possiedo nulla, non desidero nulla. Ho lottato tutta la mia vita per una libertà completa ma responsabile. La perdita della libertà economica, verso la quale si corre a gran passi in Italia, segnerà la perdita effettiva della libertà politica, anche se resteranno le forme elettive di un parlamento apparente che giorno per giorno segnerà la sua abdicazione di fronte alla burocrazia, ai sindacati e a gli enti economici, che formeranno la struttura del nuovo Stato più o meno bolscevizzato. Che Dio disperda la profezia”.

“Non è moderno il male di una vita pubblica moralmente inquinata: sotto tutti i cieli, in tutte le epoche, con qualsiasi forma di governo, la vita pubblica risente i tristi effetti dell’egoismo umano. Quanto più è accentrato il potere e quanto più larghi sono gli afflussi di denaro nell’amministrazione pubblica (stato, enti statali e parastatali, enti locali), tanto più gravi ne sono le tentazioni. La funzione di controllo sulle pubbliche amministrazioni è un necessario limite agli sbudi del potere, ma non è mai tale da impedirli”.

“Il ricorso allo Stato quale unico fornitore di denaro e distributore della ricchezza è la pià facile e fallace soluzione a tutti i problemi. Siamo di fronte ad una inerzia mentale più dannosa dell’inerzia muscolare”.

“Nel campo economico possiamo affermare che nessun altro paese libero abbia creato tanti vincolismi all’iniziativa privata come l’Italia; e per controbilanciare, in nessun paese libero la formazione monopolista, sia privata sia pubblica, e il relativo parassitismo che ne deriva, è così sviluppata come in Italia: L’errore dell’economia a mezzadria pubblico-privata porta a simili conseguenze; il controllo dello Stato o la sua partecipazione attiva nella economia si estende e si generalizza, dando luogo per ripercussione ai comodi compromessi a danno del consumatore o del contribuente”.

“Il disuso del termine statalismo è significativo, indica la perdita della bussola, che dall’individuo si va a cercare nello Stato onnipresente, onnipotente, monopolista e unico fattore della vita di un paese”.

“Non si può continuare nel sistema di additare la categoria dei produttori liberi come classe sfruttatrice e allo stesso tempo cercare di risolvere in armonia i conflitti e le divergenze fra Stato e produttore o produttore e lavoratore. Certi cattolici dovrebbero finirla con il vagheggiare una specie di marxismo spurio, buttando via come ciarpame l’insegnamento cattolico-sociale della coesistenza e cooperazione fra le classi, e invocando un socialismo nel quale i cattolici perderebbero la loro personalità e la loro efficienza”.

“Ma chi è lo Stato? In Italia sarebbero lo Stato tutti i ministri, tutti i Presidente delle più numerose e onerose imprese statali, nonché le centinaia di amministratori, commissari, sindaci, dirigenti burocratici e le migliaia di parassiti (parassiti politici e non politici) che del nome Stato si avvantaggiano”.

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