1/02/2009

L'idea dei soldi come manna.


di Giovanni Sartori
Il 2009 sarà il primo anno — temo — di una tempesta economica perfetta. Una tempesta perfetta destinata a durare finché non torneremo a capire come nasce il denaro, cosa fa ricchezza.Grazie a una scuola che non è più magistra vitae, i giovani non lo sanno di certo. Per loro è come se piovesse dal cielo come la manna. Per loro il denaro ci deve essere e basta. Ma è così, purtroppo, anche per i non-più-giovani. Nell'ottica di quasi tutti la ricchezza c'è, così come c'è l'aria o il mare. Se manca è perché è maldistribuita e perché se la mangiano i ricchi. E nemmeno i ricchi, o quantomeno gli straricchi, ne sanno di più. I Berlusconi del mondo sanno benissimo fare i soldi per sé; ma perché i soldi ci siano, e come e da cosa zampillino, non è un problema che li interessi.L'economia come scienza ha cominciato a deragliare con la sua politicizzazione diciamo di sinistra: una politicizzazione che la induce ad anteporre il problema della distribuzione della ricchezza al problema della creazione della ricchezza e, in questo solco, anche a confondere i due problemi. Ed è questa confusione che ha allevato una opinione pubblica graniticamente convinta del fatto che la ricchezza ci sia (come ci sono, che so, le piante), e che il guaio sta in come viene distribuita, cioè maldistribuita.Ora, che la distribuzione della ricchezza sia per lo più iniqua, moralmente inaccettabile e spesso anche economicamente dannosa, è un fatto. Un fatto che però non autorizza a confondere tra la grandezza della torta e la sua divisione in fette. Perché non è in alcun modo vero che la ridistribuzione della ricchezza produca ricchezza. Anzi, se la mettiamo così, è più probabile che produca povertà.In prospettiva — e la prospettiva ci vuole — fino alla rivoluzione industriale del primissimo Ottocento l'economia è stata prevalentemente agricola, e quindi una economia di sostentamento. Dopo la lunga stagnazione medievale il primo accumulo di ricchezza avviene con il commercio e con le città marinare (per esempio, Venezia) nelle quali è fiorito. Ma la ricchezza prodotta dalla società pre-industriale fu ricchezza da consumare (in palazzi, chiese e, s'intende, in bella vita per i pochissimi che ne disponevano), non ricchezza da accumulare per investimento, e quindi ricchezza in denaro da investire nel processo economico. Pertanto fino alla rivoluzione industriale, che è poi la rivoluzione della macchina che moltiplica a dismisura il lavoro manuale, l'uomo è vissuto in grande povertà. Il tepore del benessere si affacciò, nel contesto dello Stato territoriale nel suo complesso, soltanto nel corso dell'Ottocento. Ma sino al Novecento, talvolta inoltrato, l'uomo occidentale non ha conosciuto la società opulenta, la cosiddetta società del benessere. Che da noi è durata soltanto una cinquantina d'anni. Per dire come si fa presto a diventare viziati.Come e quando usciremo dalla gravissima recessione nella quale siamo peccaminosamente incappati nessuno lo sa. Il punto da capire sin d'ora è che il diritto a qualcosa sussiste solo se c'è la cosa. Il diritto di mangiare presuppone che ci sia cibo. E il «diritto ai soldi» presuppone che i soldi vengano creati.
L'edtoriale di Sartori chiarisce come la svolta sociale, indotta dalla pesante crisi economica e di sistema, vada affrontata alla radice del nostro vivere. Uno stile di vita che negli ultimi cinquant'anni ha bruciato ogni "bonus" di sviluppo economico e sociale e modificato gli stili di concepire l'economia, il lavoro, gli affari, i servizi, ma fondametalmenmte il senso della vita.
La spinta alla richhezza, al benessere sopra ogni cosa, ad ogni costo, a qualsiasi condizione.
La maledizione del vitello d'oro si abbatte come una furia nei giorno nostri, come quella di Mosè sul suo popolo alla discesa dal monte Sinai. Saremo in grado di rinunciare all'oro e alla belle vita per ritornare a dare un senso alle cose ? La sfida alla recessione parte da qui, si definisce per questo "strutturale", ovvero che deve prevedere il cambiamento "anche di privazioni" del nostro stile di vita.
Cosi anche la politca.. attendersi che interventi centralizzati possano risolvere i nostri problemi è una vera follia. La manna degli investimenti che ha sostenuto l'assistenzialismo, specie nel meridione dell'Italia, è ormai storia da dimenticare. Il nuovo corso della politica, specie nel sud, dovrà fare a meno della "manna" che gestioni centalizzate compiacenti hanno beneficiato ai fini del potere e senza alcun sviluppo. Una vera rivoluzione sociale attende Noi cittadini del sud, bisognerà produrre ricchezza e non divedersi le ricchezze dello stato.
La gestione delle amministrazioni pubbliche dovrà essere di sostegno a questo processo. Pensare a gestire con i sistemi attuali significherebbe vietare i cittadini dei servizi di base, quelli essenziali, con l'aggravante di tributi esosi .
Allora non ci saranno tributi che tengano, ma principalmemnte gente disposta a pagare per ricevere in cambio fallimenti e vuoti di potere. Frizioni sociali e crisi di valori che possono favorire
la recrudescenza di criminalità e illegalità di ogni genere.
La crisi di quella Democrazia che non c'è mai stata , ma solo il frutto di un benessere effimero e senza regole che la crisi economica stà spazzando via, facendoci riscoprire le nostre pochezze sociali, la consapevolezza di avere sprecato la vera occasione storica per risollevare le sorti del nostro meridione, vittime dell'egoismo e delle sopraffazione politica, che adesso dovrà fare i conti con se stessa e con il proprio destino.
Vocidipiazza

2 commenti:

Nero ha detto...

C'era una volta un blog dove si discuteva, a volte animatamente, ci si confrontava, si sentiva il polso della piazza e si capivano orientamenti e posizioni, in sintesi un esercizio di "democrazia". Si la "democrazia", quella di cui tutti parlano e sparlano ma non rispettano ne è prova la gestione di questo blog dove non si pubblicano più i commenti e non c'è più la possibilità di confrontarsi. Un blog così non serve a nessuno.

vocidipiazza ha detto...

Hai ragione Nero!!L'esercizio della Democrazia è molto semplice a chiacchiere, la realtà e ben lontana da questi principi di società.
L'evoluzione di questo bolg è il chiaro e lampamnte risultato dello stato civile e democtratico vigente nel nostro comune.
Le piazze civili e democtatiche bisogna conquistarsele, giorno per giorno.Noi siamo all'anno zero e questa piazza è risultata troppo civica per tale contesto.Ma sono fiducioso e lavoro per questo, cioè per creare i presupposti affinchè anche a Vietri vi possa essere una piazza dove poter discutere e confontarsi liberamente.Ad oggi solo tanta ipocrisia di quanti sognano un paese migliore ma non sono "liberi" sufficientemente per contribuire a questo. proviamoci